30 giugno 2013

La Grande Bellezza

Ci sono film che ti eccitano a tal punto che uscito dalla sala vorresti rientrare e rivederlo.
Non è questo il caso.
La Grande Bellezza è veramente un gran bel film, a tal punto che non si può rivedere due volte. Come la Bellezza, per l'appunto. Il primo film che non lascia messaggi, ma riesce comunque a soddisfare: non è questo che fa l'Arte? Colpirti senza spiegazione. Non penso si possa descrivere, la narrazione è dichiaratamente evitata, perchè non si può descrivere la Vita, non si può descrivere il Nulla che la compone.
Lo scrittore, l'Artista, lo snob, l'osservatore di una Roma che cade a pezzi, ma esalta la Decadenza come fossimo nel XIX secolo, come fosse davvero Flaubert: ma chi si crede di essere questo Jep Gambardella? Antipatico e affascinante, un personaggio così banale e così ben costruito da sembrare vero: anzi da sembrare ognuno di noi.
Non ci si può non immedesimarsi nel fascinoso Jep, forse perchè tutti vorremmo scambiare la sua solitudine con la nostra, anche se il personaggio che riesce ad anticiparlo è proprio Romano, lo sfigatello, ma che nella sua rassegnazione anticipa Jep di quasi mezzo film, e forse anticipa anche Sorrentino: Romano (un ispiratissimo Carlo Verdone) il "trucco" non lo vede, ma frega tutti andandosene. Frega anche il regista.
Insomma, di cosa parla La Grande Bellezza?
Di Roma, dell'Arte, della Vita, del Cinema (il miglior "trucco" che si riesce a vendere oggi): esatto, di tutto questo, quindi prorpio di Niente.
Molti troveranno negativo questo aspetto, io invece applaudo a quest'orchestra muta, che si rifiuta di spiegare cose che sono e basta, e non devono seguire forzosamente una metrica solo perchè altrimenti non può essere giudicato. Non mi sorprende affatto che la pellicola non ha vinto nulla pur ricevendo numerose attenzioni e nomination.
Ho spesso definito Sorrentino un regista Barocco: qui finalmente riesce a fare un passo indietro e rallenta la sua abbondanza tornando ad un Raffaellismo ricco e mai stancante. (Raffaello vien mostrato in una seguenza memorabile, ma vi lascio il gusto di trovarla).
E Servillo? Jep? In verità di lui non so aggiungere molto. E bravo, troppo bravo. Per tutto il primo tempo lo stavo considerando la nota negativa del film, causa questo eccesso di bravura: catalizzava troppo l'attenzione e stava rischiando di annoiare. Ma ecco che al momento giusto arriva lei, Ramona, una spogliarellista un po' cafona, ma sensibile ed ammaliante. é lei che equilibra l'edonismo di Jep e lo sporca con questa aggressiva femminilità: se prima c'era solo Adamo, finalmente Eva rende il film un vero paradiso. Ma come fu in quella storia, nemmeno qui la Grande Bellezza dura: inesorabilmente ci si avvicina al finale, con qualche goffaggine, come l'accenno alla retorica della Spiritualità (ma dopotutto siamo sempre a Roma), ma va bene anche così: qualche barocchismo lo concedo a Sorrentino.
Titoli di coda meravigliosi, con il Tevere arancione e d'oro, che scorre come ha sempre fatto e sempre farà, a sottolineare il carattere effimero di ogni cosa che tocchiamo e viviamo: l'acqua è in effetti l'elemento trionfante di quest'opera cinematografica, nelle maestose fontane, nel mare, nella statua dei Musei Capitolini che impersona un Fiume. Forse è prorpio l'Acqua la Grande Bellezza, che non ha bisogno di spiegazione, che fa solo quello che ha sempre fatto.
Prorpio come l'Arte, che non serve niente. Perchè non è serva di nessuno.


Nessun commento:

Posta un commento