24 marzo 2013

Parfum Noir

Un incubo.
Qualche istante per riprendere fiato.. l'ho già dimenticato, ma la fronte bagnata mi ricorda che non doveva essere affatto piacevole. Muovo un braccio, urto la bottiglia, non sia mai rovesci il contenuto.
Ora sono sveglio. La bottiglia è vuota.
Mi alzo dalla poltrona stropicciandomi la schiena che emette suoni poco rassicuranti. Da qualche parte dovrei avere dell'acqua. Non vedo niente, mi hanno tolto la luce per morosità: che stronzi, avevo addirittura telefonato chiedendo di pazientare pochi giorni. Poi mi han tolto anche la linea telefonica. Grazie al cielo posso riceverne, altrimenti sarei perduto. Di telefonate intendo, mica di giorni: quelli non te li danno mai indietro, te ne tolgono e basta, da quando metti piede sul pianeta.
Mi faccio strada senza problemi, nella stanza vuota ormai mi oriento come un gatto; con una matita spezzata apro uno spioncino tra le tapparelle e faccio entrare più luce. Si sono rotte, ma non ho voglia di buttarle giù: di giorno c'è un sole maledetto ed io vorrei anche riposare, casomai passassi la notte a cacciare. Già, la "caccia": mi piace chiamare così i miei inutili pedinamenti, talmente goffi da essere paradossalmente insospettabile. Non sforzatevi di capire, sono tecniche raffinate che si acquistano con gli anni.
Guardo per ore questo schifoso vicolo che mi fa compagnia da tanto tempo. Il caldo restituisce l'odore nauseabondo di asfalto risistemato per l'ennesima volta. Un profumo appiccicaticcio, shackerato alle frenate e clacsonate di imbecilli motorizzati ed ormai in lotta col sudore bollente di una rosticceria cinese. Dio sa quante volte mi hanno fatto vomitare quei figli di puttana! Era quasi più attraente dopo che prima.
Gli occhi si sono abituati alla penobra, ma l'acqua non la trovo. Prendo un poco di liquore al caffè, e mi sgargarozzo la gola prima di buttarlo giù. Mi tira su.
Vado a pisciare nel gabinetto/armadio e torno a sedermi sulla poltrona a rotelle. Accendo il computer e cerco le sigarette nel cassetto: pacchetto... vuoto... pacchetto... vuoto... pacchetto... uau, ben tre! Che fortunato balordo che sono. Per fortuna Henry del Piccolo Bar mi regala sempre qualche scatola di fiammiferi, altrimenti sarebbero cazzi.
Il fumo sale alto sul soffitto e per qualche attimo non sento nemmeno gli urlacci della strada. Il suono del mio espirare fa da colonna sonora all'evento del mese: qualcuno ha risposto all'annuncio. Dopo insulti, inviti a far parte di community poco pulite, ecco una mail interessante.
Sì, è una richiesta seria. é un cliente.
Anzi, una cliente.
Si firma Barbara.
Mentre la mia testa gonfia l'illusione che abbia tette da mal di schiena, labbra a ventosa e chiaramente un debole per detective sudaticci e brizzolati, mi preparo un Black Russian: la notizia va festeggiata!
La invito a presentarsi nel mio uffico alle 15.00, mascherando con importanti impegni la mia voglia di alzarmi tardi. Che bellezza, domani si lavora.
Quasi quasi butto anche giù questa tapparella scassata. La sostituirò. Finisco il bicchiere sorridente, la luce blu del computer mi illumina la faccia: non mi preoccupo nemmeno di spegnerlo, lo ricaricherò domani, come sempre, in biblioteca.
L'odore della strada mi accarezza il naso, mentre si addensa dalla cappa di aereazione.
Odore nauseabondo, ma tanto familiare. Un profumo nero. Soffocante.
Chissà che fine ha fatto la sigaretta che stavo fumando. Poco importa, d'improvviso mi è venuto sonno. E caldo. Domani vado a comprarmi una ventola a batterie, ora me lo posso permettere. Che caldo.
Chi sa dove è finita la sigaretta: vabbè me ne restano altre due. Ora ho sonno... e caldo... speriamo solo di non fare un altro brutto sogno.
Un incubo.

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