29 marzo 2013

Gocce d'Arcobaleno

Ho camminato e passeggiato, non so dove,  non so come sono qua.
I treni sono sempre stati un mezzo interessante per cominciare una storia, ma stavolta ho preso la macchina. Niente è meglio di una passeggiata. Ma prendere la macchina è meglio che Niente. Quindi prendere la macchina è meglio di una passeggiata.
Firenze mi piace tanto.
La guardo sempre negli occhi, azzurri e pallidi, lei non regge il mio sguardo perchè è timida. Ma è una città veramente bella. Non figa: bella. La prima volta la affrontai come se la conoscessi già da anni. Del resto, chi non ne ha mai sentito parlare? Le foto sorridenti con Piazzale Michelangelo in bella mostra, o quella ammicanti della Cupola le trovi con facilità anche su Internet. Quindi la riconosci subito: ti avvicini, pensi "è lei" allarghi le braccia e carinamente le dai un bacetto. E lei ti fa notare il tuo ritardo; ma è così Firenze, pungente e tanto dolce.
Le proponi una passeggiata. La cosa bizzarra è che sei tu a parlare, ma è lei che ti fa scoprire le cose. Non è facile da spiegare: mi ricorda quando spieghi l'Arte ad una bambina e lei ti trova dei paragoni semplici e congeniali. Del resto, come fai a spiegare l'Arte a quella discola di Firenze?
Mangia poco, ultimamente. é molto magra, ma non glielo faccio notare. Le offro una gomma da masticare, al gusto di nuvola. Dice che alla pioggia non le piace, ma nuvola può andare. A me fa impazzire il sapore di sole bianco, ma un c'era, maremma maiala. Arrivati a Ponte delle Grazie ci sediamo e parliamo un po' di noi.
Mi canta l'Arno ed è bravissima. "Dovresti farlo di mestiere" le dico. Arrosisce, cambia discorso, mi parla della sua famiglia. Le chiedo se vuole farer un aperitivo. Mi dice che mi accompagna, ma non prende niente. Ah, Firenze! Non capisce che starebbe benissimo anche con un paio di chiletti di Contemporanea in più.
Ci fermiamo nei pressi della stazione, proprio dietro San Lorenzo, perchè dopo deve ripartire.
Con un po' di'insistenza la convinco a prendere un bicchiere di Rosso e mangiare due o tre parole di francese. Un po' brilla dalla stanchezza (dopotutto ha più di 2000 anni) e dal vino, inizia a fissarmi mentre le parlo di Picasso. Mi dice che starei bene anche con i capelli corti. Mi prende la testa tra le mani. Quant'è dolce Firenze: sento il suo caldo profumo, quando si tinge di crepuscolo.
Mi parla. Si complimenta dei miei occhi. Non capisce che sono pezzi di specchio.
Firenze è una Sinfonia.
Ci sono istanti che vorrei avvicinarmi alle sue labbra cosparse di gotico, ma non lo faccio. Mi faccio passare solo quel brivido, che mi trapassa la spina dorsale.
Ormai è buio e il treno sta per partire. L'abbraccio e la saluto. Ehi, dai, staccati o perderai il treno: faccio il duro, ma sono io che non vorrei lasciarla andare. Ci vediamo presto: domani, dopodomani, ora vediamo.
Ciao Firenze...
Salgo in macchina, mi vibra il cellulare: mi ringrazia. "E di cosa?" rispondo "Sono io che ringrazio te. Vorrei fermarmi più a lungo tutte le volte. Vorrei posassi nuda per me, vedere la tua pelle di marmo ed i tuoi capelli rossi. Ma va benissimo così, raccontami e fatti raccontare. Sei davvero una città da cantare".


1 commento: